La fine di una relazione sentimentale è senza dubbio un’esperienza che può essere emotivamente demolente per chi la vive. La chiusura di un legame così importante, come può esserlo quello con un partner, può innescare un senso di perdita profonda in grado di intaccare molte aree della propria vita.
Già dai primi momenti si potrebbero identificare processi di elaborazione complessi, innescando il vissuto di un vero e proprio lutto e di tutto ciò che ne consegue.
Uno studio della Columbia University (Kross et al., 2011) ha rilevato che il dolore provocato dalla fine di una relazione romantica attiva le stesse aree cerebrali deputate alla percezione del dolore fisico. La rottura può generare un’intensa pressione psico-fisica, in grado di produrre una significativa sofferenza e che può presentarsi con maggiore o minore intensità in virtù del tempo, del coinvolgimento e di quanto la rappresentazione di quella relazione aveva assunto un ruolo fondamentale nel proprio processo di vita.
Sono molte le dimensioni che possono subire importanti modifiche a seguito della chiusura di un rapporto. Quella che appare in modo più immediato è il cambiamento della propria routine, che si fa strada verso spazi di condivisione che perdono il loro punto di riferimento e nel quale si può percepire un forte senso di solitudine e spaesamento. Progetti futuri, obiettivi, relazioni sociali, tutto può subire una radicale messa in discussione. Spesso l’immagine di sé può essere letta all’interno di una relazione sentimentale e la perdita di questo legame può portare ad una sensazione di smarrimento rispetto alla propria identità, generando importanti conseguenze su aree come l’autostima e il senso di autoefficacia, oltre che a possibili dubbi sulle proprie capacità d’amare o sull’essere degni di essere amati.
Elaborare la fine di una relazione è un processo che può essere lungo e molto faticoso, richiede un importante sforzo autoriflessivo e un profondo ascolto emotivo. L’errore più comune che si può commettere in questa fase è anche quello che si sente più spesso consigliare in questi momenti: “Non ci pensare e vai avanti”. Ipotizzando e fantasticando sulla possibilità di avere totale controllo sui propri pensieri e trascurando la ferita emotiva e non cognitiva vissuta in quei momenti, in che modo sottraendosi al dolore questo può fare spazio ad altre sensazioni? La natura è estremamente ecologica, ogni emozione e sensazione che noi proviamo ha uno specifico e fondamentale ruolo. Rendersi sordi a ciò che sentiamo, al dolore, alle emozioni, non è mai una reale soluzione.
Esistono delle fasi, un processo che si attiva e che per quanto faticoso sia è necessario viverlo in ogni suo aspetto. Al lettore sarà capitato spesso di riconoscere in alcune persone una mancata elaborazione di una storia finita, di ex compagni che tornano a far star male anche dopo lunghi periodi, forse anche anni. Questo è un rischio nel caso in cui non si riesca a vivere adeguatamente il processo di separazione, evitando il contatto col proprio dolore.
Una teoria molto conosciuta e che potremmo utilizzare per osservare meglio questo fenomeno è il modello delle fasi di elaborazione di Elisabeth Kübler-Ross, ampiamente riconosciuta nel contesto delle esperienze di lutto ma che potremmo riadattare più genericamente ad ogni forma di perdita.
Secondo questa visione esistono diverse fasi che possono susseguirsi durante il processo di elaborazione della perdita di qualcuno. Queste fasi non vanno intese come una rigida scaletta, ma dovrebbero piuttosto essere intese come una serie di momenti che potrebbero verificarsi all’interno di questo processo.
La prima fase è quella della negazione, caratterizzata dalla rifiuto della fine della relazione. In questa fase si può arrivare a rifiutare di accettare che la rottura sia reale e cercare di mantenere la relazione, sperando che le cose possano tornare come erano prima. Durante questa fase, si possono sperimentare shock, confusione e una sensazione di irrealtà. A questa può seguire una fase di rabbia, dove si può arrivare a provare rancore nei confronti del partner o di se stessi, incolpando qualcosa o qualcuno per la rottura della relazione. Questa rabbia può manifestarsi attraverso lamentele, conflitti interni o con scontri con chi ci sta intorno, e può essere accompagnata da sentimenti di ingiustizia e risentimento. Una fase che può essere successivamente sperimentata è quella della contrattazione, caratterizzata dalla ricerca di un accordo o di una soluzione che possa ripristinare la relazione. Le persone coinvolte possono provare a negoziare o cercare compromessi per cercare di salvare la relazione. Possono essere presenti sentimenti di speranza e un desiderio di tornare indietro nel tempo per correggere eventuali errori. Quando il contatto con la realtà delle cose si consolida maggiormente può arrivare una fase depressiva, che porta ad un senso di tristezza profonda e di perdita per la fine della relazione. Le persone coinvolte possono sperimentare una profonda sensazione di vuoto, disinteresse per le attività quotidiane, disturbi del sonno e dell’appetito. Questa fase può essere accompagnata da un senso di solitudine e di sfiducia nel futuro delle relazioni. Alla fine di questo processo, nel momento in cui ci si è dato adeguato spazio di elaborazione a tutto ciò, può infine arrivare l’accettazione. In questo momento conclusivo, le persone iniziano ad accettare la fine della relazione e a integrarla nella loro vita. Questo non implica necessariamente una totale ripresa, ma rappresenta una fase di accettazione e di adattamento alla nuova realtà. Le persone possono iniziare a fare piani per il futuro e a sviluppare nuove prospettive sulla vita e sulle relazioni.
Questo modello delle fasi di elaborazione, adattato alle relazioni sentimentali, offre un’utile cornice per comprendere il processo di risanamento di se stessi dopo una rottura. È importante riconoscere che ogni persona può attraversare queste fasi in modo diverso e in tempi variabili. La consapevolezza di queste fasi può aiutare le persone a navigare attraverso il dolore emotivo e a intraprendere un percorso più consapevole. È fondamentale permettersi di vivere e affrontare le emozioni legate alla rottura, senza giudicarsi o cercare di accelerare il processo. Riconoscere e comprendere questi meccanismi può aiutare a dare un senso alle esperienze emotive vissute durante la rottura. Questo modello può servire come guida per navigare attraverso il dolore e per abbracciare una crescita personale che può portare a nuove opportunità nella vita.
È importante ricordare che il percorso di ripresa da un evento che può essere così emotivamente impattante, come la chiusura di un’importante relazione sentimentale, è un processo individuale e unico per ogni persona. Non esiste una durata prestabilita e un modo uguale per tutti quando si affronta una situazione simile, ma ognuno ha bisogni e tempi differenti.
Come può dunque il lettore comprendere qual è il modo e il tempo giusto affinché possa affrontare un evento simile nella propria vita? La risposta è spesso l’ascolto di sé, le nostre emozioni ci suggeriscono sempre cosa ci serve, quali risorse abbiamo bisogno di mettere in pratica. La difficoltà che si può incontrare in questo, è che spesso ciò che si prova utilizza un linguaggio che non si riesce a comprendere. In quest’ultimo caso può essere utile cercare il supporto di un professionista della salute mentale che può fornire uno spazio adeguato in cui prendersi cura di sé. Un percorso psicologico può fornire un ambiente sicuro e non giudicante in cui esplorare le emozioni, imparando nuove strategie per affrontare il dolore emotivo.
È importante ricordare sempre che la fine di una relazione sentimentale non definisce la nostra intera identità. Può diventare un’opportunità per crescere e sviluppare una visione più solida di sé stessi. Con il tempo, l’auto-riflessione e il sostegno adeguato, è possibile raggiungere nuovi equilibri, aprire la strada a future relazioni e a nuove possibilità nella vita.
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Bibliografia:
- Kross, E., Berman, M., Mischel, W., Smith, E., & Wager, T. (2011). Social rejection shares somatosensory representations with physical pain. Proceedings Of The National Academy Of Sciences, 108(15), 6270-6275.
- Kübler-Ross, E. (1969). La morte e il morire. Astrolabio.